Lo Psicologo ti risponde ...

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DOMANDE UTENTI

La psicosomatica è una branca della psicologia medica volta a ricercare la connessione tra un disturbo somatico (anche generico) e la sua eziologia spesso di natura psicologica.

Gli studiosi di questa disciplina sono parecchi in Italia: Levi (1968), Antonelli (1970), Frigoli (1979), Pancheri (1980), Panconesi (1982), ma dal mio punto di vista lo studio più interessante e più vicino ad un approccio olistico è quello del modello multifattoriale di Pancheri.

Pancheri ha elaborato un modello a genesi multifattoriale, con una patogenesi precisa, nella quale i fattori emozionali occupano un posto di primo piano. Secondo l’autore ”…la fonte principale di stimoli capaci di indurre una reazione emozionale viene dall’ambiente psicosociale e dalla rete relazionale dell’individuo, ma soprattutto da quelli eventi che inducono un cambiamento nel corso della vita dell’individuo e richiedono uno sforzo di adattamento” (Pancheri, 1987).

Quindi vari fattori possono produrre una modificazione nello stile di risposta emozionale e possono predisporre il terreno biologico a particolari gruppi di malattie. La reazione emozionale innesca la reazione da stress; una variazione di questa può indurre diverse specifiche malattie. Una ridotta reazione emozionale comporta una ridotta reazione da stress che, a sua volta, inibisce i sistemi immunitari (Pancheri, 1987).

Una buona gestione emozionale che permette di annullare i fattori da stress, dipende da varie componenti tra cui la personalità, le strategie di coping adottate dal soggetto per far fronte ad un evento stressante, e altri fattori tra cui quelli biologici e sociali.

Dal mio punto di vista vorrei soffermarmi maggiormente sulle strategie di coping o meglio sulle Tentate Soluzioni [1] messe in atto dalle persone per risolvere i problemi. Nella maggior parte dei casi trattati rifacendomi agli oltre 25 anni si esperienza del Centro di Terapia Breve Strategica (prima gli studi del MRI di Palo Alto) è emerso che sono le tentate soluzioni messe in atto in maniera ridondante, anche se palesemente non funzionano (tentate soluzioni disfunzionali) che complicano il problema e trasformano la difficoltà in una patologia. E concludo rifacendomi ad una frase di Albert Einstein:

Non pretendiamo che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose.

Bibliografia

Pancheri P. (1980) Stress, emozioni, malattia. Longanesi Milano.

Pancheri P. (1980) Trattato di medicina Psicosomatica. USES Edizioni Scientifiche, Firenze.

Pancheri P., Biondi M. (1987) Stress emozioni e cancro. Il pensiero scientifico, Roma.

Note

[1] Il costrutto di TS viene elaborato dal gruppo di ricercatori del M.R.I. di Palo Alto, e costituisce un riduttore di complessità indispensabile in Terapia Breve Strategica, che permette di focalizzare l’attenzione su tutto ciò che viene fatto dal paziente, dai suoi familiari o dai suoi curanti per cercare di risolvere il problema.

Questa forma di interazione tra il soggetto, la realtà e il mondo, di per sé non è patologica, anche perché la TS sicuramente sarà stata efficace in passato per risolvere problemi simili. Esse possono diventare disfunzionali, quando diventano ridondanti (TSR) e si ripetono in rigidi copioni che, anziché risolvere il problema, lo trasformano in una vera e propria patologia.

Ti rispondo riprendendo un mio post scritto un po’ di tempo fa:

DOVUTA PREMESSA: “Il “lavoro” di genitore è il più difficile in assoluto poiché non ci sono scuole per impararlo..solo l’esperienza. Questo implica anche sbagliare. Io dico ben venga l’errore, se serve a comprendere che la strada intrapresa non è funzionale.
Partendo dal fatto che non si può non fare errori altrimenti non si impara nulla, bisogna cercare di flessibilizzarsi e modificare le modalità che non funzionano evitando di procastinarle, sostituendole con altre più funzionali.

EDUCARE non significa FARE al posto dì, ma ti faccio vedere come si fa.

DARE l’ESEMPIO non significa FAI, ma FACCIAMO INSIEME,

ESPERIENZA non è ascolta le mie o evita di sbagliare. Ma mettersi alla prova con il rischio di sbagliare ma anche con la possibilità di sviluppare l’AUTOSTIMA”.

IN MERITO ALLA DOMANDA: La relazione della quale parliamo è di tipo verticale (genitori-figli), non orizzontale (amici). Il/I genitore/i non deve/evono dire cose piacevoli, alla moda o che riscuotano consenso ma seguire la loro linea. Gli obiettivi che ogni genitore dovrebbe perseguire per la costruzione di un sano sviluppo psico-socio-affettivo del proprio figlio/i, consistono nello stabilire: regole chiare, ruoli e gerarchie. Questo è il tipo di genitore AUTOREVOLE che favorisce e incanala (motivazioni,sogni,aspirazioni), protegge ma non reprime, responsabilizza e mira all’emancipazione. Ci sono delle fasi evolutive che vanno rispettate, evitando di bruciare le tappe, altrimenti si corre il rischio di creare degli “adulti bambini” o “bambini adulti” (dipende dai casi). Il compito del genitore è prendersi le responsabilità “al posto” (ad es partendo dal linguaggio che costruisce la nostra realtà, che deve modificare in base alle tappe evolutive, nelle scelte, etc.) dei figli fino a che non siano in grado di scegliere in autonomia. Questa autonomia andrebbe favorita e alimentata, evitando di eccedere in un verso o nell’altro: tappando loro le ali (modello autoritario) o trasformandosi negli amici confidenti (modello democratico-permissivo) dei figli.

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