Un millepiedi viveva sereno e tranquillo. Finché un rospo un giorno non disse per scherzo:
“In che ordine metti i piedi l’uno dietro l’altro?”
Il millepiedi incominciò a lambicarsi il cervello e a fare innumerevoli prove.
Il risultato fu che da quel momento non riuscì più a muoversi.
Storia zen
Un periodo preciso di paura o disagio, intensi che raggiunge il picco nel giro di 10 minuti, nel quale si rileva un primo episodio, reale o immaginario, di forte somatizzazione ansiosa (palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia; sudorazione; tremori fini o a grandi scosse; dispnea o sensazione di soffocamento; sensazione di asfissia; dolore o fastidio al petto; nausea o disturbi addominali; sensazioni di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento; de realizzazione “sensazione di irrealtà” o depersonalizzazione “essere distaccati da se stessi”; paura di perdere il controllo o di impazzire; paura di morire; parestesie “sensazioni di torpore o di formicolio” e brividi o vampate di calore) o di forte paura di sentirsi male, sviluppatesi improvvisamente.
Quando i sensi colgono un pericolo, un rumore improvviso, un’immagine paurosa, una sensazione sgradevole, le informazioni prendono due diverse strade (ved tab.1) attraverso il cervello: la scorciatoia e la strada principale.
Una volta che l’informazione arriva all’amigdala, il cervello viene messo in allerta, e scatena una serie di cambiamenti chimici e ormonali (vedi tab. 2) che mettono l’intero organismo in modalità di allerta.
Il Modello di Terapia Breve Strategica fondato da Paul Watzlawick e Giorgio Nardone nel 1987, rappresenta un metodo innovativo di approccio ai problemi umani. Infatti, oltre 20 anni di continue ricerche applicate all’ambito clinico hanno permesso di mettere a punto dei protocolli specifici di trattamento, per singola patologia efficaci, efficienti (spettro fobico–ossessivo, paranoia, disturbi alimentari, disturbi sessuali, depressione), predittivi (poiché il modello si rifà a metodologie rigorose come la ricerca-intervento di Kurt Lewin), replicabili e trasmissibili.
Questa metodologia ha permesso di studiare una realtà, intervenendo su di essa e al tempo stesso aggiustando gradualmente l’intervento (ipotesi operativa auto-correttiva). In questo caso, è la strategia che funziona che descrive la struttura di persistenza del problema e non la teoria che spiega il problema, a priori.
Questo tipo di approccio, focalizza l’attenzione su una teoria relativa non al “perché”, ma al “come” funzionano i sistemi-percettivo-reattivi[1] di persone con una problematica. Infatti, i dati della ricerca intervento hanno dimostrato che per risolvere un problema, in direzione della totale estinzione di tali disturbi non serve conoscerne le cause, ma studiare come funziona tale sistema di percezione e reazione nei confronti della realtà nel «qui ed ora» della persona (Nardone, 1995).
La vita è costellata di eventi problematici per chiunque; la differenza sta nel «come» ognuno di noi si pone nei confronti di tale realtà, perché ciò condurrà a mettere in atto tentativi che possono guidare non solo alla non soluzione ma, addirittura, alla complicazione del problema che si vorrebbe risolvere (Nardone, 1998).
Ciò che costituisce un problema non è tanto un errore di percezione e reazione, ma la rigida perseveranza nella posizione assunta e nelle azioni che ne seguono. Infatti, sono le tentate soluzioni[2] messe in atto in maniera ridondante, a diventare il problema e causarne il suo mantenimento (Watzlawick e altri, 1974).
L’attenzione dell’intervento è focalizzato sull’individuazione ed interruzione delle tentate soluzioni ridondanti:
1-individuali (della persona che porta il problema):
2-del sistema (famigliari, amici):
Ciò che succede durante un attacco di panico è che la persona in preda al panico inizi a controllare le proprie reazioni, rivolgendo continuamente la propria attenzione all’ascolto dei parametri fisiologici che indicano l’innalzarsi dei livelli di ansia (battito cardiaco, ritmo respiratorio, senso di equilibrio, lucidità mentale, ecc.), nel tentativo di ristabilirli ma in questo modo si ottiene l’effetto opposto, e questo controllo porta all’aumento delle sensazioni sperimentate. Questo crea un vero e proprio cortocircuito poiché le reazioni fisiologiche sono funzioni spontanee (indipendenti dalla nostra volontà); infatti il soggetto percepisce queste alterazioni e si spaventa, i parametri fisiologici si alterano ulteriormente, la paura aumenta e, se questo circolo vizioso, di interazione disfunzionale tra mente e corpo, non viene interrotto, si giunge al tilt mentale e psicofisiologico dell’attacco di panico (Nardone, 2003).
La prima mossa dell’intervento strategico si focalizza sul disinnescare il circolo vizioso di ascolto e tentato controllo delle proprie reazioni interne organiche e psichiche. Questo retroattivo e ricorsivo meccanismo rappresenta al tempo stesso l’omeostato e la leva del cambiamento dell’equilibrio del sistema-percettivo reattivo del panico (Nardone, 1995); successivamente una volta sbloccato il problema si procede con il consolidamento delle nuove strategie apprese.
Concludo citando G.S. Rawlings: «legati da vincoli invisibili alle nostre paure, siamo, al tempo stesso, burattini e burattinaio, vittime delle nostre aspettative».
[1] Per sistema percettivo-reattivo di un individuo si intendono le sue modalità ridondanti di percezione e reazione nei confronti della realtà, che si esprimono nel funzionamento delle tre fondamentali tipologie di relazione interdipendenti: la relazione tra il Sé e il Sé, la relazione tra il Sé e gli altri, la relazione tra il Sé e il mondo. Tale sistema comprende ovviamente anche le concezioni, i punti di vista, le sequenze interattive e le tentate soluzioni messe in atto dal soggetto/i per risolvere il problema.
[2] Il costrutto di Tentata Soluzione viene elaborato dal gruppo di ricercatori del M.R.I. di Palo Alto, e costituisce un riduttore di complessità indispensabile in Terapia Breve Strategica, che permette di focalizzare l’attenzione su tutto ciò che viene fatto dal paziente, dai suoi familiari o dai suoi curanti per cercare di risolvere il problema. Si tratta di modificazioni apportate al sistema ma dall’interno del sistema stesso (cambiamento 1), le quali sembrano modificare tale sistema ma in realtà non ne cambiano il funzionamento, ma lo alimentano. Questa forma di interazione tra il soggetto, la realtà e il mondo, di per sé non è patologica, anche perché la Tentata Soluzione sicuramente sarà stata efficacie in passato per risolvere problemi simili. Esse possono diventare disfunzionali, quando diventano ridondanti (Tentate Soluzioni Ridondanti) e si ripetono in rigidi copioni che, anziché risolvere il problema, lo trasformano in una vera e propria patologia.
Andreoli V., Cassano G. B., Rossi R. curato da (2007). DSM-IV-TR. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Text revision, Elsevier Editore.
Nardone G. (1995). Paura, panico, fobie. La terapia in tempi brevi.
Nardone G. (1998). Psicosoluzioni. Risolvere rapidamente complicati problemi umani. Collana Psicologia e Società. Bur Rizzoli Editore.
Nardone G. (2000). Oltre i limiti della paura. Superare rapidamente le fobie le ossessioni e il panico. Bur Rizzoli Editore.
Nardone G. (2003). Non c’è notte che non veda giorno. La terapia in tempi brevi per gli attacchi di panico. Ponte delle Grazie srl Milano Editore.
Nardone G., Salvini A. (2013). Dizionario Internazionale di Psicoterapia, Garzanti Editore.
Nardone G. (2013). Psicotrappole. Ponte delle Grazie Editore.
Autrice: Dott.ssa Francesca Troiano
Psicologa-Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Comments (3)
Mose
10 Set 2015 - 18:57Questione interessante che quasi nessuno muove.
Grazie!
Agnes
28 Mag 2016 - 7:14You are the savior of my life.
Felix
06 Lug 2016 - 20:36Your’s really talented .