C’era una volta un asinello che camminando lungo una strada
si imbatté in due mucchi di fieno uguali ed equidistanti da lui.
L’asino, che aveva un certo appetito, cominciò ad osservarli,
voltava il capo alternativamente a destra e a sinistra,
indeciso su quale dei due mucchi iniziare a mangiare.
Erano entrambi molto appetibili ed assolutamente identici
tra loro così l’asino non riusciva a prendere una decisione.
Passò il tempo senza che le cose cambiassero e
alla fine l’asino morì di fame.
L’Asino di Buritano
L’Illusione del Ragionamento Perfetto pone le sue basi già nell’Antica Grecia. Dobbiamo ad Aristotele (seguito dal razionalismo cartesiano, il positivismo settecentesco, raggiungendo l’acme ai giorni nostri), un tipo di pensiero improntato sulla logica razionale, che guiderà l’uomo a procedere, per oltre 20 secoli, nella conoscenza delle cose attraverso un metodo rigoroso, che si prefigge lo scopo di condurre alla conoscenza del «vero», tramite i principi di: «identità», di «non contraddizione» e del «terzo escluso» (Nardone G., De Santis G., 2011).
Bisogna attendere gli inizi del ‘900, perché Gödel, con la sua formulazione del teorema di indecidibilità, abbattesse in un sol colpo il castello del positivismo logico, dimostrando l’impossibilità della conoscenza di un sistema da parte di chi ne è incluso. Gödel distrusse, così, l’idea della conoscenza oggettiva, ovvero della “verità scientifica”. Dopo di lui Heisenberg, con il principio di indeterminazione, dimostrò ulteriormente l’influenza dello sperimentatore e dei suoi strumenti sull’oggetto e il risultato della sperimentazione (Nardone G., De Santis G., 2011).
Il Dubbio Patologico è un particolare tipo di Disturbo Ossessivo Compulsivo Mentale che consiste nel porsi una serie di domande alle quali si cerca di dare delle risposte rassicuranti.
Le domande sono però “indecidibili”, cioè si tratta di domande per le quali non esiste un’unica risposta formalmente corretta. Ad esempio quella è la persona giusta per me oppure no? La mia relazione finirà, oppure no? Sarò in grado o non sarò in grado…? Sarà questo o quest’altro? Ce la farò a fare questo oppure no?
Nella continua ricerca di una risposta logica e rassicurante ci si incarta sempre più costruendo da sé la prigione mentale che ci renderà prigionieri del loop di domande e risposte, domande e risposte, etc.
Gli effetti del Cogitocentrismo si manifestano tramite il tentativo di dare a tutti i costi una spiegazione a qualcosa, dando più attenzione al senso e al significato delle cose che non hanno spiegazione, più che alla loro forma, creando un cortocircuito della ragione.
Il “cortocircuito” si verifica tra quello che noi definiamo coscienza, la nostra parte razionale che viene identificata con la corteccia, la parte del cervello filogeneticamente più evoluta, e la consapevolezza operativa cioè l’amigdala, la sede delle sensazioni primordiali.
Noi quando elaboriamo delle informazioni lo facciamo attraverso gli organi di senso: vista, udito, gusto, tatto e olfatto. L’informazione arriva agli organi di senso, tramite stimoli elettrici, arrivati all’amigdala, vengono interpretati come sensazioni-emozioni (rabbia, gioia, dolore etc). Queste sensazioni arrivano infine alla corteccia e una volta elaborate iniziamo a ragionarci sù. A questo punto esse possono essere di nostro gradimento oppure no, ma quando cerchiamo di dare una spiegazione razionale a queste sensazioni (infatti non esiste una spiegazione razionale perché sono pure sensazioni) il tentativo di controllo genera il “tilt” proprio perché la coscienza irrompe sulla consapevolezza operativa, cercando di controllarla.
1- Perversione della ragione
Si manifesta con il timore del dubbio: Potrei fare del male a mio figlio? Potrei far male ad altre persone? La paura è quella di perdere controllo, di impazzire.
2- Iper-razionalizzazione (trovare spiegazione razionale al dubbio)
Ricerca di assoluta certezza (rispetto a sé stesso o altri), di correttezza o scorrettezza di chi esamina le cose, che porta la persona a scandagliare tutte le diverse possibilità di una situazione rispetto ad un’altra; portandola a rimuginare, rimuginare continuamente rispetto a un evento accaduto o rispetto alla scelta da operare.
3-Persecutore Interno
In questo caso abbiamo la coscienza che perseguita la persona mettendo in dubbio le proprie capacità o incapacità, la riuscita di un evento, se le cose andranno bene oppure no, se accadranno o meno. Ad es: “Sarò in grado o non sarò in grado? Sarà la scelta per me o no? Andrà bene o andrà male?”.
4- Sabotatore Interno
L’idea è che comunque fai sbagli. Usando le parole di Søren Kierkegaard:
«Sposati e te ne pentirai, non sposarti e te ne pentirai lo stesso… Ridi delle assurdità del mondo, e te ne pentirai; piangi sulle assurdità del mondo, e te ne pentirai… Dai fiducia ad una ragazza e te ne pentirai; non dare fiducia a una ragazza e te ne pentirai ugualmente…».
5-Inquisitore interno
In questo caso il dubbio incolpa e condanna, e porta ad attribuire a sé stessi, come se fossero francobolli, tutte le responsabilità degli insuccessi e/o fallimenti propri, degli altri, del mondo. L’idea è che: “comunque sei colpevole”.
Franz Kafka ci offre un’immagine evocativa descrivendo colui che è stato condannato per una colpa che non ha, ma che egli ha confessato:
« Dalla cella vede che stanno costruendo un patibolo nel cortile. È convinto che sia per lui. Notte tempo riesce a scappare dalla cella, corre nel cortile, sale sul patibolo e si impicca da solo »
In questi casi sempre mossi dall’illusione del ragionamento perfetto, e dalla applicazione della logica razionale ai problemi umani, il Cogito Cartesiano diviene, per gli esseri umani, lo strumento principe per affrontare le proprie insicurezze e i propri timori. Tuttavia, quando tale razionalità viene estremizzata, si trasforma da risorsa in limite; questo accade quando si tenta di applicarla a fenomeni a cui non può adattarsi, come ad esempio le paure irrazionali, i dubbi, le relazioni amorose controverse, situazioni in cui la logica razionale aristotelica si trasforma in una trappola (Nardone, De Santis, 2011).
L’obiettivo dell’intervento strategico nel trattamento del Dubbio Patologico è quello di bloccare le risposte per inibire la domande patogene in maniera tale che il dubbio si sciolga come neve al sole. Se la persona riesce mentalmente ad inibire la domanda evitando di rispondere, si procede in questo modo fino ad estinzione della patologia; altrimenti si chiede al paziente di riportare il dialogo interno su carta fino alla “reductio ad absurdum”con il risultato di far collassare il dubbio su se stesso.
Concludo con le parole di Kant: L’intelligente dà risposte esatte, il saggio fa le domande giuste.
BIBLIOGRAFIA
Nardone G., De Santis G. (2011) COGITO ERGO SOFFRO. Quando pensare troppo fa male.
Autrice: Dott.ssa Francesca Troiano
Psicologa-Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Comments (7)
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